Quando l’Intelligenza Artificiale bussa alle porte della scuola

La questione dell’intelligenza artificiale (IA) si è recentemente imposta all’attenzione collettiva per alcuni episodi emblematici e per certi aspetti un po’ inquietanti; mi riferisco al grido di allarme lanciato da protagonisti dello sviluppo dell’intelligenza artificiale, come Y. Bengio,G.Hinton, R.McNamee e A.G. Martinez.

In particolare, Geoffrey Hinton, i cui studi sulle reti neuronali sono alla base dello sviluppo di tecnologia quali ChatGPT, ha lasciato Google per essere libero di denunciare i rischi legati allo sviluppo della IA. In una intervista al NYT del 2 maggio ‘23 egli considera come problemi meritevoli di attenzione la rapidità di sviluppo e diffusione di queste nuove tecnologie, la difficolta di impedirne un uso improprio e scorretto e, soprattutto, il fatto che le innovazioni dell’IA stanno già superando la nostra capacità di controllarle. Dato che tutto ciò è motivo di preoccupazione, egli ritiene che si debba sospenderne lo sviluppo, sino a che non si sarà capito se e come possiamo controllare l’IA.

L’Intelligenza Artificiale bussa alle porte della scuola

A fronte di queste prese di posizione, se ne registrano altre meno allarmistiche: SundarPichai, Ceo della casa madre di Google Alphabet, considera l’IA come la “tecnologia più profonda su cui l’umanità sta lavorando, più rivoluzionaria del fuoco o dell’elettricità o di qualsiasi cosa l’uomo abbia fatto in passato”; così, proprio come gli umani hanno imparato a sfruttare abilmente il fuoco nonostante i suoi pericoli, Pichai pensa che potremo fare lo stesso con l’intelligenza artificiale.

Alla luce di quanto sta accadendo non è difficile immaginare che la scuola si troverà presto a fronteggiare uno tsunami, rispetto al quale non sembra ancora attrezzata.

Come ci dovremmo atteggiare rispetto a tutto ciò, come persone di scuola?
Credo che il primo compito sia quello di alzare la nostra soglia di attenzione e di consapevolezza rispetto a questa nuova tecnologia, evitando facili entusiasmi e chiusure preconcette. Premesso che non è questa la sede per un approfondimento del problema, ci limitiamo a due brevi promemoria, che possono essere utili sul piano degli orientamenti pedagogici.

Intanto, è bene essere consapevoli come educatori che, nella prospettiva visionaria di alcuni teorici, l’intelligenza artificiale rappresenta un tassello essenziale per la costruzione di un’antropologia transumanista, che mira al superamento dei limiti dell’essere umano in ogni direzione, compresa la morte. Se è così, occorre quantomeno essere avvertiti che l’abbandonarsi ingenuamente a questa tecnologia può significare aprire le porte a questo progetto. Nello specifico, dovrebbe essere chiaro che l’intelligenza artificiale, se piegata al disegno transumanista, è destinata a ridisegnare radicalmente e/o superare l’apprendere così come lo conosciamo in quanto atto eminentemente umano, con l’obiettivo di liberare l’umanità dalla fatica e dai limiti dell’apprendere. Ma accantoniamo questi foschi scenari, per un’annotazione più concreta e circostanziata.

L’Intelligenza Artificiale bussa alle porte della scuola

Tutti noi siamo soliti pensare la tecnologia come un mezzo o strumento per i nostri scopi, entro una relazione in cui i confini tra utilizzatore, mezzo e fine sono ben delineati. Con l’intelligenza artificiale le cose non stanno in questo modo: non si tratta di un semplice mezzo da utilizzare per i nostri scopi; siamo invece di fronte ad un interlocutore complesso e problematico, di natura algoritmica. Riconoscere che l’intelligenza artificiale funge da interlocutore, comporta ammettere che possa essere guidata da propri scopi nascosti nei suoi algoritmi; ma se è così, nella relazione con l’IA i confini tra utilizzatore, strumento e scopo diventano opachi, e non è sempre chiaro chi sia utilizzatore e chi utilizzato.

Di fatto, questo problematico interlocutore sta bussando alla porta della scuola ed è già entrato, per esempio, con ChatGPT. Non si tratta ovviamente di sbarrare porte e finestre, ma per esempio il fatto che i suoi algoritmi sono più potenti e rapidi dei nostri ci dovrebbe forse un po’ preoccupare, se non vogliamo fare la fine degli allegri apprendisti stregoni.

In effetti, lo scopo di questa breve riflessione è solo quello di evidenziare quanto sia urgente per la scuola impegnarsi in una riflessione seria e approfondita sull’impatto che l’intelligenza artificiale può avere sulle dinamiche dell’insegnare e apprendere in ambito scolastico nel breve e nel lungo periodo.

Ermanno Puricelli

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